Mestieri Antichi e Scomparsi

In una economia come quella che vigeva fino a 40-50 anni fa, ad Oliena non esistevano numerose possibilità di poter scegliere il mestiere o la professione desiderata. Se si escludevano mestieri come fabbro, falegname, contadino, commerciante o pastore, che sono esercitati tuttora da molti (sia pure con ritmi di vita e metodi di lavoro molto diversi), non restavano molte altre possibilità di scelta tranne fabbricatore di calce e carrettiere.

Le donne, oltre ad aiutare nei lavori agricoli, potevano anche esercitare il mestiere di filatrice e tessitrice. Quanto al settore impiegatizio in generale i posti erano pochissimi e, comunque, riservati a coloro che avevano potuto studiare cioè soltanto i notabili del paese.
Fra tutti questi mestieri, i più interessanti e del tutto scomparsi sono: il fabbricatore di calce (su carchinagliu), la filatrice (sa filadora), la tessitrice (sa tessidora), il carrettiere (su carrulante) e, infine, "su mannalithagliu", ovvero colui che conduceva al pascolo le capre domestiche.

Il mestiere di "carchinagliu" era molto diffuso. Di tipo stagionale, lo si svolgeva per lo più in estate. Una fornace richiedeva circa quattro mesi di lavoro e poteva produrre da 350 a 400 quintali di calce. Dapprima venivano prodotte centinaia di fascine di frasche (per ottenere grandi fiamme), indi si provvedeva alla produzione della necessaria quantità di pietre calcaree ed infine, coperta la fornace con una volta aggettante capace di sostenere il peso del calcare e caricato il forno sottostante con le fascine, si dava fuoco. Questo doveva essere tenuto vivo giorno e notte per una settimana con turni di lavoro massacranti. La fase della cottura, che doveva trasformare il calcare in calce viva (la calce spenta si otteneva in fase di utilizzo da parte dei muratori), non era solo la più pesante, ma anche la più delicata: bastava infatti un banale temporale (per questo si lavorava in estate) per rovinare il lavoro di tanti mesi e provocare un mezzo dissesto familiare.
Una volta prodotta, la calce veniva trasportata dai "carrulantes" e poi smerciata in tutti i paesi del circondario.
Le filatrici e le tessitrici erano molto numerose in quanto la loro arte godeva di una tradizione plurisecolare.
Già nel XVI sec. il Fara scriveva che Oliena era un paese "famosissimo per la tessitura di tappeti, arazzi e coltri.(1)

Anche ai tempi dell'Angius (XIX sec.) pare che il paese mantenesse questa nomea, visto che egli scrive: «Due terzi delle donne tessono lini e lane per vesti, letti e bisacce. Le donne di mediocre condizione ritraggono il sostentamento dalle “fressadas”(2) che vendono ai gavoesi dai quali sono rivendute ai campidanesi. Vedonsi rarissimi nel paese che vestono roba non fabbricata dalle loro donne".(3)
Fino agli anni '50 era molto facile incontrare delle filatrici sedute ad ogni angolo di strada e a tutte le ore del giorno che tenevano in mano la conocchia avvolta da una nuvola di lana che veniva trasformata in filo facendo roteare il fuso sul quale, mano a mano, veniva trasferito il filo fino a terminare la lana e ad ottenere dei grossi gomitoli. A seconda della grossezza del filo ottenuto, lo stesso poteva essere usato per produrre tele grossolane (per es. da utilizzare per la lavorazione del pane "carasau") oppure tele più fini per fabbricare "sas migias" e "su carcione" del costume maschile o altri usi ancora. Alcuni lavori venivano realizzati a maglia, altri col telaio in legno che era posseduto da quasi tutte le famiglie e che, per questo, riempiva del suo ritmico rumore, tutte le strade del paese. Di quest'arte tessile, dei suoi strumenti e dei suoi prodotti non è rimasto più nulla se non qualche telaio conservato come cimelio. La maggior parte dei telai sono stati bruciati nei primi anni '60 (ai tempi del boom economico), un po' perché troppo ingombranti, un po' per liberarsi dai ricordi dolorosi che la loro vista produceva.

"Su carrulante", antenato del moderno trasportatore, era colui che, col carro a buoi, tra sportava nei paesi del circondario e nei porticcioli di Orosei e di Cala Gonone calce, carbone, legna, prodotti agricoli e quant'altro gli capitasse. Ogni viaggio (per il quale oggi un camion impiegherebbe al massimo un'ora) richiedeva parecchie ore se non addirittura due o tre giorni in quanto, oltre a dover andare pianissimo, erano necessarie parecchie soste per foraggiare e far riposare i buoi. Inoltre, ogni viaggio richiedeva una buona scorta di foglie di fico d'India che bisognava inserire, di tanto in tanto, fra l'asse in ferro e le ruote in legno ad evitare che queste bruciassero per l'attrito. L'ultimo grande lavoro in cui furono occupati tutti i "carrulantes" olianesi fu quello del trasporto della calce (prodotta a Oliena) occorrente per la costruzione dell'Ospedale Zonchello di Nuoro, intorno agli anni '30.

Una figura veramente pittoresca della vita quotidiana era data da "su mannalithagliu" (scomparsa per ultima verso i primi anni '70). Era, costui, l'uomo che si occupava di far pascolare le capre che tutte le famiglie tenevano in casa per avere il latte fresco quotidiano. Egli passava per ogni vicinato del paese (che a quel tempo peraltro non era sviluppato quanto oggi) e, al suo passaggio, ogni capra raggiungeva spontaneamente il gregge che mano a mano andava ingrossandosi. Terminato il giro del paese, portava le
capre al pascolo presso il territorio comunale e, arrivata la sera, le riportava in paese lasciando che ogni capra tornasse da sola a casa sua. Per questo lavoro egli veniva pagato in denaro ogni fine mese.

Testo di Andrea Gardu

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Note

1. G.F. FARA, Chorographia Sardiniae.
2. Le fressadas" erano tappeti che potevano essere usati anche come coperte e sono state prodotte fino ai primi anni '60.
3. V. ANGIUS IN CASALIS, Dizionario storico, geografico, statistico degli stati di Sua Maestà il re di Sardegna, Torino 1833.

 

 

Data di ultima modifica: 09/02/2017

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