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Architettura e chiese

Architettura e chiese

I Gesuiti a Oliena

Nel 1665 giunsero ad Oliena alcuni membri della Compagnia di Gesù. Vi trovarono i minori di S. Francesco de Paola, che già dal 1525 vi si erano stanziati. Di questi resta ancora la chiesa.
Seguendo lo stile dell'epoca, i gesuiti iniziarono la costruzione d'un grande convento, che per quel tempo non mancava di una certa ricercatezza, come denota l'ampio e luminoso atrio e i rilievi alle finestre, che conferiscono all'edificio una sobria eleganza. Edificarono in seguito l'attuale chiesa parrocchiale, dedicata al fondatore dell'Ordine: Sant'Ignazio di Lojola.
Durante la costruzione della chiesa furono utilizzate le pietre del vecchio castello medievale, ormai ridotto ad un rudere e definitivamente smantellato dagli operai che, su carri a buoi, trasportavano i massi fino al cantiere.
La chiesa risulta priva di fondazioni e completamente costruita sull'arenaria. Il terreno, in forte pendio, come appare ancora dalla viuzza laterale, fu spianato a gradoni. La facciata della chiesa è di gusto spagnolo, ma il campanile, ricavato all'interno, risulta tipicamente ligure, come ligure fu l'architetto che lo progettò: Domenico Spotorno.
Il convento adiacente fungeva anche da scuola, perciò fu detto "Collegio". Accoglieva i giovani di Oliena e dei paesi circostanti che volevano proseguire gli studi. Doveva essere la scuola più importante del Nuorese, se non addirittura l'unica.
Apparteneva all'Ordine pure il secentesco "palazzo dei laici ancora sormontato dallo stemma dei gesuiti, nelle cui stanze, dalla volta a botte incrociata, venivano alloggiati gli studenti ed i loro familiari, quando dai paesi vicini venivano a trovarli. Nel piano terreno, adibito a magazzini, i frati avevano installato perfino un frantoio. Intorno alla costruzione vi era un grande giardino ricco di agrumi e di svariati alberi da frutto, fino ad allora sconosciuti nella zona.(1)
Oltre un secolo dopo, nel 1773, in seguito alla soppressione dell'Ordine, i gesuiti abbandonarono malvolentieri il vasto complesso da loro creato, "non animo libenti" sta scritto sulla lapide che si trova all'interno del vecchio collegio.
I frati si erano mostrati persone attive e intraprendenti.
L'impulso all'agricoltura, che si era affievolito dopo la partenza dei Pisani, aveva ripreso al loro arrivo nuovo vigore. Incoraggiati dal clima mite e dall'abbondanza delle acque, avevano introdotto nelle zone nuove colture, specie alberi da frutto. In località Falaenodi avevano impiantato un'azienda agricola modello, con un bellissimo oliveto, le cui piante, disposte in perfetti filari, sono state abbattute a causa dell'espansione edilizia di questi ultimi anni.
Lungo il rio Istei possedevano una conceria, perciò ancora oggi quel sito è denominato "su ponte 'e sas concias".
Avevano inoltre un grande allevamento di bachi da seta che tenevano nelle spaziose soffitte del convento.
Per tale allevamento avevano introdotto varie piante di gelso. Con l'andare del tempo queste si erano riprodotte spontaneamente, fino a raggiungere il territorio di Orgosolo e Dorgali.
Scrive il Cugia: "Le donne di Oliena filano e tessono la seta facendone pezzuole e bende delle quali ultime si servono per l'acconciatura del capo. Industria e uso comuni anche ai vicini paesi di Orgosolo e Dorgali ... dove pur si coltiva il gelso e allevansi i bachi. Vi si raccoglie altresì miele e uva in grande quantità". (2)
Anche il Della Marmora afferma che ad Oliena si produceva miele in abbondanza e descrive una statuina in bronzo, trovata in località "Su Medde", che riproduce '... un bel giovane nudo con la testa ornata di fiori intrecciati coi capelli ... ma ciocchè ha di caratteristico è che nelle spalle sino all'addome tiene disposte in simmetria cinque api. Il Canonico Spano, che ha dato un disegno ed una descrizione di questa statua, non esita a riguardarla come rappresentante Aristeo, eroe molto venerato nella isola, al quale si attribuisce particolarmente la coltura degli ulivi, l'arte di allevare le api, di coagulare il latte e quella di costrurre gli alveari".(3)
Chi era Aristeo? Forse un agronomo alquanto esperto, fatto venire dalla Grecia per insegnare l'agricoltura ai Sardi. La sua figura fu però mitizzata dai Greci tanto da diventare leggendaria. Di lui ci parlano alcuni scrittori. Sallustio e Pausania dicono che Aristeo lasciò Tebe, passò per Creta, poi giunse in Sardegna.
Il Cugia, parlando del Gologone, riferisce ancora: "Il tracciato della futura ferrovia, con tutta probabilità non molto si discosterà dal rio Oliena ... sarebbe questo (Su Gologone) un punto adatto per stabilire una filanda dove gli abitanti dei tre paesi di Oliena, Orgosolo e Dorgali, potrebbero smaltire i bozzoli che produconsi nel loro territorio. Tali prodotti potrebbero aumentare, avendo la certezza dello smercio e per il ragguardevole sviluppo che può assumere la piantagione del gelso in questi dintorni. L'erezione di un opificio non sarebbe difficile, per la prossimità di buoni materiali da costruzione e per la forza motrice che trovasi nel posto.
Fin d'ora havvi la strada, e certamente la ferrovia non lascerà di trascorrere nei pressi; anzi, non crederei nemmeno fuor di luogo l'erezione di una stazione, come ho supposto."
Quasi un secolo fa il Cugia credeva vicina un'industrializzazione da cui siamo ben lungi ancora oggi!
Era stato progettato nel 1889 un ramo ferroviario a scartamento ridotto che doveva congiungere Nuoro con Orosei. Probabilmente è a questo progetto che accenna il Cugia, ma rimase solo un progetto !
Comunque il suo brano ci mostra quanto i gelsi, piantati dai gesuiti, avessero prosperato.
Nell'agosto del 1890, secondo il Cugia, in territorio di Oliena furono incendiate vastissime foreste, causando un danno di duecento mila lire. E' forse collegata a quest'incendio, oltre che al disboscamento, che in modo indiscriminato si praticava alla fine del secolo scorso, la distruzione dei numerosi gelsi, dei quali parla anche il Della Marmora nella sua opera. L'introduzione nel costume olienese del fazzoletto in tibet, di chiara derivazione aragonese, è ovviamente legato alla scomparsa dei gelsi nella zona.


Note

1. Siotto Pintor, Storia Civile dei popoli sardi.
2. P. Cugia, Nuovo Itinerario dell'Isola di Sardegna, RA. 1892, Lavagna.
3. A. Della Marmora, Itinerario dell'isola di Sardegna, Ed. Trois.

Ingresso cortile
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